Sergio Deleo - Il Blog

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mercoledì 16 dicembre 2015

Ailefroide parete Nord-Est via Fourastier - primavera 2009



Per chi come me risiede in Valle d’Aosta il massiccio del Delfinato risulta certamente scomodo e fuori mano, ciononostante sono rimasto affascinato dai suoi paesaggi aspri e selvaggi  fin dalla mia prima visita risalente a oltre trent’anni fa. In effetti da allora sono tornato molte volte a ripetere itinerari su queste belle montagne, la più conosciuta delle quali è senz’altro la Barre Des Ecrins con i suoi 4102 metri. A poca distanza dalla vetta principale le cime del Pelvoux , del Pic Sans Nom e dell’Ailefroide dominano con pareti che sfiorano i mille metri di dislivello il profondo vallone del Glacier Noir. Questi luoghi mi hanno sempre ricordato il bacino di Argentière,  nel  gruppo del Monte Bianco, uno delle zone alle quali sono maggiormente affezionato,  con l’incredibile muro di grandi e severe pareti nord che si estende per alcuni chilometri sulla sinistra orografica dell’omonimo ghiacciaio. Tornando al Delfinato e agli Ecrins volevo segnalarvi la via Fourastier sull’imponente parete Nord-Est dell’Ailefroide Centrale (3927m).
 

















 








 La mia visita a questo itinerario risale ai primi giorni di maggio del 2009 in compagnia di Marcello. Lasciata la macchina nel parcheggio invernale poco prima di Pré de Madame Carle (base di partenza per la via normale alla Barre Des Ecrins) risalimmo sci ai piedi , alla luce della luna e delle frontali, l’intero Glacier Noir. Oltre tre ore di avvicinamento, molto utili per “scaldarsi ”prima della salita , se non che un’incredibile serie di violenti spindrift ci costrinse ad una lunga attesa prima di poter dare il via alle ostilità .Poco prima dell’alba,  finalmente,  attaccai intirizzito la prima serie di larghe colate di polistirene, non difficili ma ben poco proteggibili, pregando che il vento avesse finito di spazzolare il ghiacciaio sospeso soprastante inviandomi violente colate di neve. 
 Le “richieste” furono ascoltate e poche ore dopo, superati i brevi risalti (85°)della goulotte  centrale uscimmo sul ghiacciaio pensile illuminato dal sole. Seguì poi una discreta ravanata con gli sulle spalle, per superare i pendii in neve profonda ed una bella e impegnativa arrampicata mista tra roccia Oisans (quindi non eccezionale) e ghiaccio, per superare sul lato sinistro,  il bastione roccioso sommitale. Nelle prime ore del pomeriggio,  uscimmo in cresta e ci affacciammo sul solare vallone du Sélé . Una bella giornata di primavera e un panorama mozzafiato ma ahimè anche il selvaggio isolamento di queste vette a ricordarci l’infinita lunghezza del rientro ancora da compiere per tornare a valle. Molte ore dopo, alle nove e mezza di sera ( o di notte vista la stagione) varcammo, claudicanti e famelici, la soglia di un ristorantino del piccolo villaggio di Vallouise. La breve serie di doppie  per raggiungere il ghiacciaio, ma soprattutto l’infinita serie di rovinose cadute che segnò  la nostra interminabile  discesa nel vallone du Sélé ,nel tentativo di trovare un equilibrio tra le nostre scarse qualità sciistiche e la pessima qualità della neve, sono oramai ricordi lontani. Quegli stessi ricordi che legano inseparabilmente gli alpinisti alle montagne.
Itinerario vario in un ambiente magnifico con scorci estetici sui seracchi del ghiacciaio pensile al centro parete. Dislivello 800 m e difficoltà complessiva TD / IV . Doppie attrezzate ma da verificare. Svariate relazioni presenti in rete o sulla Bibbia della zona,  il Tome 2 Guide de Haut – Dauphiné di François Labande.Sul sito la relativa fotogallery.