Sempre a proposito di belle linee
di cresta da seguire ad inizio stagione, vi segnalo la Cresta di Flèche Rousse
all’Aiguille d’Argentiere. Noi Italiani conosciamo questa bella montagna
soprattutto per il classico itinerario che risale il glacier du Milieu,
frequentato anche in primavera come gita scialpinistica. Certamente
interessanti sono poi il Couloir en Y e le vie dell’imponente parete nord
nonchè l’impegnativa cresta du Jardin della quale vi ho parlato in un
precedente post. La Flèche Rousse è la cresta sud est dell’Aiguille
d’Argentière che collega il col du Tour Noire alla vetta. Le descrizioni che si
trovano a proposito di questa via parlano di aggiramenti con discese in
svariati canali da un lato e dall’altro della cresta. A mio parere conviene
andare ad intuito stando praticamente sempre in cresta o nei pressi di
quest’ultima. Quindi, risalito il
ghiacciaio di Amethystes, si segue la ripida rampa da destra a sinistra per sbucare in
cresta, appena a monte dei denti rocciosi che si trovano sulla sinistra del col
du Tour Noire.
Si aggira sul versante Saleina un piccolo gendarme e sempre lato Saleina, con
una linea ascendente, il primo balzo ripido della cresta. Appena la pendenza
diminuisce un pendio di neve riporta a sinistra ad una larga sella. Da qui si
supera il muro roccioso seguente, di bella roccia rossa, per fessure e diedrini
(passaggi intorno al quarto grado). Con qualche metro di discesa ci si porta
alla base dell’evidente ripido pendio di neve rivolto ad est. Lo si risale sino
a dove muore sotto ad un breve salto di roccia. Si supera una evidente fessura
camino con arrampicata faticosa (qui il quinto grado c’è tutto). Dalla cima della
Flèche Rousse una breve doppia deposita poco distanti dalla vetta. A parte i
due brevi tratti rocciosi prima descritti, si tratta di un itinerario di neve e
misto ed è in queste condizioni che va affrontato. In effetti, in condizioni
secche, questa via risulta sconsigliabile a causa della cattiva qualità della
roccia liberata dalla neve e dal ghiaccio che si presenta come una successione
di pericolosi blocchi accatastati. Del resto, la discesa dalla vetta lungo la
via normale è anch’essa da intraprendere ad inizio stagione perché una volta in
ghiaccio il primo ripido pendio sotto la cima (40/45 gradi) e con la crepaccia
terminale ed il ghiacciaio molto aperti, il rientro a valle si complica di
molto.
Vista la simpatia dei gestori Béa e Fred, la bellezza dei luoghi e la
super qualità del granito di questa parte del gruppo del Bianco, vale
certamente la pena fermarsi al rifugio qualche giorno in più. Nell’occasione,
con Piero, il giorno di salita al rifugio (un’ora e mezza dalle funivie)
avevamo percorso la breve ma bella linea di “ Un Eclat de Rire “ all’Aiguille du Génépi.