Trent’anni fa, con Guido, durante
la ripetizione della famosissima via Cassin sulla nord-est del Badile, avevamo
a lungo guardato il perfetto profilo roccioso alla nostra destra. Lo Spigolo
Nord, con la sua linea elegante, si staglia infatti tra le pareti nord-est
e nord-ovest del Pizzo Badile, in val
Bondasca. Ad inzio agosto 2017 ho finalmente ripetuto questo itinerario in
compagnia di Andrea. Difficile volere di più, ottima accoglienza al rifugio
Sacs Furà e giornata della salita limpida, anche se calda. Arrampicata
piacevole su di un granito “da urlo”, non particolarmente difficile ma quasi
mai banale. Lo spigolo in effetti è sì appoggiato e all’apparenza discontinuo
ma è comunque tutto da scalare. Siamo saliti quasi sempre in conserva assicurata. Il tiro più impegnativo ci è sembrato quello
della placca Risch. Su questa lunghezza ho ringraziato di avere le scarpette ai
piedi perché è pur vero che ci sono degli spit ma con gli scarponi avrei
certamente faticato. Prima delle undici in vetta e dopo una meritata pausa,
discesa sul versante sud, verso la capanna Gianetti.
Tre ore con alcune doppie sulla
linea classica che, relazione alla mano,
si segue facilmente e poi sentiero evidente tra le pietraie (l’eventuale
discesa in doppia lungo lo spigolo ci è sembrata francamente sconsigliabile. Il 
terreno è infatti troppo appoggiato per delle calate scorrevoli). Il
giorno successivo siamo poi rientrati attraverso i passi del
Porcellizzo e Turbinasca per concludere idealmente un cerchio da rifugio
a
rifugio. Il sentiero è ben segnalato, tra grandi massi e zone di frana,
con
qualche catena sul secondo colle. Probabilmente proprio a causa dei rari
tratti
di sentiero ben camminabile la traversata ci è sembrata comunque
faticosa. Senza
correre ci sono volute circa 5 ore dal Gianetti al Sacs Furà . Ancora
una volta
il gruppo del Badile mi ha lasciato la voglia di tornare ma anche
molta, molta tristezza. Lo spigolo nord è stato infatti la prima salita
in compagnia di Andrea e purtroppo anche l'unica. Andrea è infatti
mancato ad inizio settembre del 2017, durante un tentativo solitario
della via Mayor, sul versante Brenva del Monte Bianco. Ancora oggi mi
rimprovero di non aver cercato di dissuaderlo da quella sua idea di un
avventura totale, senza compromessi e ancora più sorprendente perchè
portata avanti da un ragazzo poco più che ventunenne. In quelle tre
giornate nelle quali le nostre esperienze sono venute a confronto, la
sua filosofia di alpinismo mi ha portato a provare emozioni
contrastanti; da una parte l'ammirazione e il rispetto per un
avventura "d'altri tempi" e dall'altra la paura e la preoccupazione per le
evidenti situazioni di pericolo che da un confronto così duro avrebbero
potuto derivare. Avevo, nell'occassione, pensato di rinviare i discorsi
da vecchio e saggio alpinista ad una prossima gita , per non rovinare
quei momenti carichi di un entusiasmo contagioso. Purtroppo la realtà è
che non sappiamo quanto tempo abbiamo davanti. Avrei dovuto cercare di
portarlo verso una filosofia del rischio meno spinta ma d'altra parte
chissà , forse ha ragione Andrea , la montagna va affrontata di petto ed
ogni ascensione va vissuta appieno come nei "giorni grandi".