Qualche annetto fa e più precisamente nel
mese di febbraio del 1987, porcaccia miseria come passano gli anni , mi trovavo
con Alfredo sulla parete nord del Gran Paradiso. Eravamo nel bel mezzo di
una di quelle settimane anticicloniche e super stabili che “da sempre” tendono
a presentarsi nella stagione invernale alpina. Non potevamo quindi certo esimerci
dall’andare a battagliare in alta montagna e prendere la nostra bella paccata di freddo
e vento gelido tra i crepacci appena coperti dalle recenti nevicate. Del resto
utilizzare quelle giornate per rimanere
al calduccio in compagnia delle fidanzate o andare a cena con gli amici ci
sarebbero sembrate decisioni francamente insensate (e così è stato per me come
per molti di voi per molti,moltissimi anni) La salita prescelta nell’occasione
era stata la via di Manera e compagni che segue lo sperone roccioso di destra della bella
e classica nord del Gran Paradiso, via alla quale mancava ancora la prima
ripetizione invernale.
Quale meta migliore
per mettersi alla prova e perseguire l’ottica del trova lungo alla quale
sono sempre rimasto fedele.. Lasciammo quindi il vecchio rifugio Chabod che era ancora notte e risalimmo, sci ai
piedi, il ghiacciaio di Laveciau abbondantemente innevato. Qualche ora dopo
,durante una breve colazione , decisi per una amena visita ad un crepaccio
nascosto, rigorosamente sci ai piedi ovviamente. La visita si limitò ai primi
due metri e trenta circa di profondità , cioè la la mia altezza con le braccia
protese in alto, grazie alla pronta
reazione di Alfredo ben deciso a
proseguire nella gita anziché aspettare che il sottoscritto perlustrasse le
profondità del ghiacciaio! Lasciati gli sci non troppo lontano dalla linea
della nostra successiva e auspicabile discesa della via normale battemmo faticosamente
traccia fino alla terminale. Da li in poi la nostra ascensione proseguì senza
particolari intoppi tra pendii in neve, tratti in ghiaccio un po’ spaccoso
,terreno misto e bei muri di gneiss grigio rosso tra il quarto e il quinto
grado. Prima del buio, risalita la cresta nord –ovest e salutata la madonnina
di vetta cominciammo la discesa dalla
via normale, indecisi se preferire la
neve crostosa ventata nella quale si sprofonda
solamente ogni tre passi e quando
questo succede fatichi ad uscirne , a quella farinosa densa nella quale la
gamba ti scompare fino al ginocchio. Molte ore dopo ,recuperati penosamente le
nostre amate assi e dopo aver sciato con perfetto stile “punto e virgola“ nel
quale ,come tutti sanno, il punto è rappresentato dalla buca lasciata della
caduta ancora prima della curva e la virgola
da quella lasciata durante e dopo la stessa, varcammo finalmente la
porta del rifugio. Per concludere il racconto aggiungo solamente che pensammo
entrambi bene ,anzi male! di concederci un breve riposo prima di ridiscendere a
valle per una nuova giornata di lavoro, con il pessimo risultato di ritrovarci
dopo poche ore con la muscolatura dolosamente indolenzita e tutt’altro che ben
disposta a seguire i rigorosi dettami della tecnica sciistica !....
Questo aneddoto per ricordarmi
e raccontarvi dei bei momenti vissuti in montagna e per segnalarvi
questa interessante possibilità di superare la nord del Gran Paradiso con un itinerario
di misto un po’ più vario, rispetto a quello classico. Non ho avuto modo di
vedere la parete nelle ultime settimane ma ,una volta assestata la neve
dell’ultima fase di forte maltempo, potrebbe anche essere che le condizioni di
questa bella intuizione di Ugo Manera e compagni non siano poi così male.